VIVIAN BUSTAMANTE MOLINA
Lavori in condizioni estreme e prodotti di alta tecnologia
per la riparazione di una delle sette meraviglie dell’ingegneria civile cubana.
Non pochi guidatori mi hanno confessato l’infinito rispetto che sentono ogni volta che attraversano i quasi 315 metri che costituiscono la via del ponte di Bacunayagua, ambiziosa opera che permette di trasferirsi dalla capitale cubana fino a Matanzas in appena 1 ora e mezza.
Inaugurato il 26 settembre 1959, data in cui si registra la visita dell’allora presidente cubano Fidel Castro Ruz, presenta l’arco più lungo in un’opera del suo genere nel paese, con i suoi 114 metri, e la sua ubicazione su di una profonda gola vicino al mare gli fa toccare apici di ben 110 metri.
Proprio la sua vicinanza alla costa ha causato i danni che portarono alla scelta di intraprendere la riparazione strutturale iniziata nel 2012, e che ha richiesto la perizia degli uomini dell’Impresa di Costruzioni e Montaggi Speciali (ECME), del Ministero delle Infrastrutture.
Molti di loro sono abituati a lavorare a quote maggiori, come ad esempio quando riparano camini di zuccherifici o di centrali termoelettriche (CTE), che oscillano tra i 140 e i 180 metri di altezza. In ogni caso il perenne pericolo causato dalla topografia e dai venti li obbliga ad avere delle ferree misure di sicurezza.
In questo ambiente si ripete sempre il detto in cui si sostiene che il pericolo risiede nella troppa fiducia in sè stessi, pertanto preservare la sicurezza dei nostri uomini è la priorità. Inoltre contano moltissimo gli anni di esperienza, ognuno di questi uomini possiede preparazione e addestramento per lavorare a grandi altezze, e dispongono di tutti i mezzi di protezione possibili.
Anche i ponteggi sono i più sicuri tra quelli che si usano nel settore edile a livello nazionale. Per questo motivo “mai uno spavento”, assicura il capo squadra, con 31 anni di esperienza nell’impresa ed un palmares invidiabile: gli stabilimenti di Nichel a Moa, le centrali termoelettriche di Felton, Santa Cruz del Nord e Matanzas, e la riabilitazione di tutti i ponti sulla Via Blanca oltre alla facciata del Ministero delle Forze Armate Rivoluzionarie.
Mantenere la bellezza
Ottobre 2009. Sotto forti folate di vento e una pioggia torrenziale portata dal primo freddo della stagione, vengono conclusi gli studi sullo stato dell’impalcatura del viadotto, diagnosi necessaria per farsi un’idea precisa sui danni, le condizioni della sua restaurazione e i materiali da utilizzare.
Furono 5 mesi di lavoro inedito, svolto da specialisti dell’Impresa Nazionale di Ricerche Applicate (ENIA), che in circostanze estreme di rischio impiegarono un sistema ad alta tecnologia, allo scopo di convalidare modelli matematici per capire il comportamento strutturale dell’opera, una delle sette meraviglie dell’ingegneria civile cubana.
La sua importanza è anche economica, dato che si tratta di uno dei passaggi obbligati per l’estrazione che implica lo sviluppo petrolifero della zona. Da qui il fatto di essere incluso nel programma integrale per la riparazione dei ponti della Via Blanca.
Il Bacunayagua richiedeva a gran voce lavori su larga scala. Dalla data della sua apertura, solo nel 1976 erano state commissionate riparazioni di travi ed assi, è quanto afferma a BOHEMIA l’ingegnere Osvaldo Bustamante Pinto, capo della squadra che si occupa dei ponti della ECME, responsabile dei lavori dal marzo del 2012.
Per prima cosa misero alla prova la fama di avventurieri che li accompagna. Machete alla mano, si liberarono della vegetazione indesiderata che ostacolava l’accesso dai canyon fino al portico H, quello che presentava più danni e da cui si dovevano iniziare i lavori. Inoltre dovettero realizzare un marciapiede rustico, che nell’arco della giornata arrivavano ad usare anche tre volte a seconda delle necessità.
Non meno epico fu calarsi a mano sino alla falda della montagna, con i materiali e le migliaia di elementi metallici che compongono i ponteggi detti multidirezionali, a causa dell’assenza di un winch che arrivò soltanto a lavori terminati.
Bustamante sottolinea ancora una volta la complessità dei lavori, dovuta alle caratteristiche geografiche della regione e all’elevata altezza che moltiplica la forza dei venti, cosa che rende più difficile le operazioni di carico.
Composto da portici, archi, travi e assi, la ricostruzione fu inizialmente concepita secondo questo ordine. Il primo step si svolse più velocemente del previsto, dato che venne terminato in 82 giorni invece dei 111 stabiliti dal calendario di lavoro e ciò senza rimetterci in qualità, come hanno dimostrato i periodici controlli e la consulenza dell’ENIA e dell’impresa dei progetti.
“Cambiammo il sistema di montaggio dei ponteggi e questo ha dato un nuovo ritmo al lavoro, perchè invece di lavorare su un solo supporto lo facevamo su tre all’unisono”, afferma l’ingegnere.
Il successo risiede nell’intelligenza collettiva e nella professionalità degli operai che all’apice dei lavori erano ben 34.
Dall’analisi alla qualità e al controllo
La conversazione è sfumata dal quasi permanente rumore delle vetture in movimiento; a proposito a volte non alla velocità consentita. Passano in uno degli estremi del ponte, dove i costruttori hanno la loro piccola base operativa.
Quest’uomo dalla grande esperienza ed abituato ad avere a che fare con le intemperie della natura, valuta l’eccellenza della preparazione tacnica, anche se come è di abitudine per le ricostruzioni di questo tipo, si dice l’ultima parola solo dopo aver perforato la massa di cemento. Così trovarono dei portici in uno stato strutturale diverso da quello programmato. Ciò ha implicato un maggiore utilizzo di materiali, indipendentemente dal fatto che per ogni passaggio viene stabilita minuziosamente la quantità di materiali da applicare.
La loro composizione fece crollare l’idea che niente avrebbe più fatto notizia riguardo lo scheletro del ponte, dopo il sistema costruttivo all’avanguardia utilizzato per realizzarlo circa 54 anni fa. Gli studi affermarono che la durata e la qualità potevano essere assicurate solo attraverso produzioni speciali, alcune ideate per l’occasione.
La gara d’appalto fu vinta dalla firma italiana IBC Resigum International S.r.L., con più di tre lustri di esperienza nel mercato cubano, dove è leader nelle offerte destinate alla restaurazione di edifici dall’alto valore storico patrimoniale. Le specifiche richieste costituirono un’importante sfida per la sua squadra tecnica, e dovettero ricorrere alla nanotecnologia per poter ottenere diverse malte su scala quasi artigianale.
Un’assoluta novità costituì l’applicazione dell’inibitore di corrosione, capace di penetrare fino a 15 centimetri all’interno della struttura e delle verniciature di rifinitura.
Se a tutto ciò aggiungiamo che le testate del ponte furono ristrutturate in fibra di carbonio, più resistente dell’acciaio, è innegabile che l’utilizzo di prodotti di ultima generazione apporti una grande esperienza ai progettisti, costruttori e fornitori, pronti a chiudere queste modifiche, per la tappa che deve essere terminata il prossimo dicembre: la riparazione di travi ed assi.
È a carico di una squadra di produzione nazionale che fa risparmiare al paese circa 200 mila euro, due terzi del suo costo all’estero. Nel momento della nostra visita era quasi concluso nei laboratori della ECME ad Holguín. Qui ha ricevuto una borsa di studio l’ingegnere Carlos Valdés, progettista del dispositivo, molto simile ad una gru mobile che sarà possibile utilizzare per la riabilitazione di altri ponti.
Riguardo questo mecanismo, spiega l’ingegnere Bustamante, devono essere collocati i ponteggi elettrici per riparare gli archi su cui è impossibile accedere con le normali impalcature. Una volta concluso questo step, l’ultima fase di riparazione capitale del ponte viene calcolata in 4 mesi.
E quando arriverà questo momento, la squadra tecnica starà già lavorando su altre postazioni. I viadotti sui fiumi Canímar e Cuyaguateje, Varadero, oltre a uno studio nell’autostrada Granma, dove vari ponti richiedono l’intervento di questi innegabili esperti di lavori ad alta quota.
Articolo pubblicato sulla rivista Bohemia 23/08/2013
Ciudad Habana, 31 ottobre 2013